Italia, marzo 2020. Nel nostro vocabolario entra prepotentemente una parola nuova. Iniziamo a raccontarci tramite il lockdown, questa parola inglese come quei termini di cui forse non conosceremo mai il significato esatto, ma di cui sappiamo riconoscere perfettamente le sensazioni, le paure, i ricordi. Così, ero nella mia cameretta a pianificare le mie vacanze ormai prossime, quando la mia cameretta è diventata l’unico teatro possibile della mia vita da lì ai successivi tre mesi. Ci siamo ritrovati soli, tutto a un tratto. E così, tra chi si è annoiato, chi si è guardato dentro, chi ha sfornato pane a volontà, improvvisamente sono arrivate le vostre storie.
Così è nato Ritratti isolati.
Un progetto fotografico da remoto
Se, in tempi non sospetti, qualcuno mi avesse detto che avrei preso parte ad un progetto fotografico da remoto, tramite videochiamata, non ci avrei creduto. Eppure, questo è stato Ritratti Isolati: insieme ad altri sette colleghi, in 50 giorni di quarantena abbiamo fotografato oltre 500 persone che vivono in Italia. Sono tornata alla finestra, come quando i dirimpettai chiacchieravano tra di loro. Lo schermo del monitor è diventato il veicolo per osservare il mondo esterno e l’universo privato di salotti, appartamenti, giardini. E io ho guardato il mondo attraverso il mio iPad, e ci ho trovato uno specchio dove ritrovarsi e confrontarsi.